Franco Zeffirelli e Maria Callas: due artisti per Giuseppe Verdi

  • On 04/09/2023

Il 23 settembre, al Museo Renata Tebaldi a Busseto, si terrà una giornata di studi, in collaborazione con il Festival Verdi di Parma, e, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna.

Angelo Foletto, Stephen Hastings, Giancarlo Landini, Fabio Larovere, Maurizio Modugno, Roberta Pedrotti, Giovanni Vitali approfondiscono il contributo dato da Maria Callas e da Franco Zeffirelli al teatro verdiano nel centenario della nascita dei due grandi artisti.

La manifestazione si propone di ricordare due figure fondamentali della storia del teatro lirico e analizzare interpretazioni che hanno aiutato a meglio comprendere il teatro di Verdi e la sua modernità.

Il Museo Renata Tebaldi ribadisce la vocazione ad essere centro di studi del melodramma in collaborazione con altre importanti istituzioni. Quest’azione culturale va ad affiancarsi all’attività conservativa di un patrimonio pressoché unico di costumi e documenti relativi a Renata Tebaldi e ai grandi protagonisti della scena lirica.

La giornata prevede due sessioni, una al mattino, con inizio alle ore 10.00, e una nel pomeriggio, con inizio alle ore 15.00; entrambe verranno trasmesse in diretta streaming sulla pagina del Museo Renata Tebaldi.

PRIMA SESSIONE, ore 10:00/12:30
intervengono Angelo Foletto, Stephen Hastings, Giancarlo Landini

SECONDA SESSIONE, ore 15:00/17:30
Roberta Pedrotti, Giovanni Vitali, Fabio Larovere, Maurizio Modugno

PROGRAMMA:

Angelo Foletto
“Con Verdi è più facile fare una regia bella che una brutta”

 Otto titoli (su quarantasette), tra regia teatrali e filmiche, sono il patrimonio di spettacolo che Franco Zeffirelli ha dedicato a Giuseppe Verdi. Sessantacinque anni di passione e approfondimenti: a partire da Falstaff (L’Aia 1957) per arrivare a Rigoletto, rappresentato postumo a Muscat nel 2022, col sostegno e la collaborazione del personale artistico dell’Arena di Verona che negli ultimi anni era diventata la sua “casa” artistica (con nove nuove produzioni, quattro verdiane). Nello specifico delle otto opere verdiano, sono cinque i titoli che hanno avuto più riallestimenti o allestimenti revisionati e ripensati o nella scenografia o nella regia vera e propria: AidaFalstaffOtello, Rigoletto e Traviata. Ma a due in particolare, gli stessi che il regista ha voluto ripensare da capo per lo spazio tascabile e sulla carta ‘antizeffirelliano’ del teatro di Busseto – Aida e Traviata – ha dedicato uno studio metodico. Con riflessione approfondite sul senso del teatro d’autore, la drammaturgia e il dovere di trovare le soluzioni scenico-registiche partendo dalla musica e da una concezione moderna dello spettacolo d’opera. Persuaso, comunque, che “Con Verdi è più facile fare una regia bella che una brutta”.

Stephen Hastings
“Maria Callas: le registrazioni verdiane degli anni 1960-1977”

Le opere di Verdi non facevano parte del repertorio teatrale di Maria Callas nell’ultima fase della sua carriera, ma il soprano non smise certo di occuparsi della musica del compositore bussetano in quegli anni.  Nei suoi concerti pubblici interpretò cinque arie e tre duetti verdiani, mentre in sala d’incisione eseguì diciannove arie e cinque duetti, affrontando diverse pagine del primo Verdi e dall’Otello per la prima volta. Alla Juilliard School negli anni settanta si occupò nelle masterclass di ventitré arie verdiane, tra cui tredici concepite per voci non sopranili. E l’ultimo brano da lei registrato in casa, poco prima di morire, fu un passo dal secondo atto della Forza del destino. In termini quantitativi gli anni 1960-1977 ci regalano infatti di una documentazione sonora abbastanza cospicua, ma gli esiti artistici sono alterni: la stessa Callas non approvò la pubblicazione di un bel numero di incisioni verdiane che poi sono diventate di dominio pubblico. E’ importante dunque distinguere oggi tra quelle registrazioni in cui la sua forza creativa, misurandosi con un compositore singolarmente congeniale, riesce ad esprimersi compiutamente, e quelle in cui le sue intuizioni interpretative vengono in parte frustrate da una voce che non risponde completamente alla sua volontà.

Giancarlo Landini
“Violetta da Greta Garbo a Maria Callas: il linguaggio del corpo e della voce”

Fin dalla pubblicazione del romanzo di Alexandre Dumas figlio e poi dall’andata in scena del dramma (nel 1851) al Théâtre du Vaudeville a Parigi, Margherita Gautier, la signora delle camelie, ha subito colpito l’immaginario collettivo. Le più grandi attrici l’hanno portata sulla scena, prime fra tutte Sarah Bernhardt e d Eleonora Duse. Il cinema non poteva sottrarsi al fascino del personaggio, fin dall’epoca del muto. Ė toccato a Greta Garbo, la divina, darne una magistrale interpretazione in un film uscito nelle sale 1937, quando Luchino Visconti cominciava a lavorare come aiuto regista, collaborando con Jean Renoir. Alla Scala Visconti ha guidato Maria Callas in un allestimento dell’opera di Verdi diventato chiave di volta nell’interpretazione della Traviata di Giuseppe Verdi. Il soprano greco ha così fatto vivere nel teatro d’opera la magia di Violetta con una forza e con un’evidenza fino ad allora sconosciute.

L’intervento ricorda, accostandole le due interpretazioni; si chiede, inoltre, in che misura il linguaggio del corpo di Greta Garbo possa essere considerato una fonte d’ispirazione, seppure remota, nel linguaggio della voce di Maria Callas, utilizzato per ritrarre la dama delle camelie e per cogliere la novità assoluta di una vocalità che esige un modo nuovo di stare in scena non separando più il gesto vocale da gesto teatrale, ma approdando ad un gesto drammatico.  

Fabio Larovere
“Franco Zeffirelli, oggi, alla prova del tempo”

Parlare di Franco Zeffirelli regista d’opera significa necessariamente parlare di quella che qualcuno ha definito la querelle des Anciens et des Modernes. Ovvero del dibattito mai sopito tra sostenitori della tradizione nell’approccio alle regie operistiche e assertori della necessità di svecchiare questo stesso approccio, anche nel segno della provocazione. In tale contesto, il nome di Zeffirelli viene sovente invocato da chi vorrebbe che i registi si attenessero scrupolosamente alle indicazioni del libretto e magari adottassero soluzioni spettacolari, proprio come faceva il maestro fiorentino.

Come accade per tutte le personalità importanti, anche Zeffirelli ha finito con l’essere piuttosto “ingombrante”: avendo firmato spettacoli che hanno spesso incontrato l’incondizionato favore del pubblico, non solo ha influenzato altri registi, ma ha pure costituito un termine di confronto per chiunque, soprattutto in anni recenti, si accosti alla regia d’opera. Il mio intervento vuole indagare tale dinamica, portando come esempio alcune produzioni firmate da Zeffirelli nell’arco della sua lunga carriera, cercando di evidenziare ciò che di esse resta ancora “valido” oggi e ciò che invece risulta legato a una concezione non più attuale del teatro d’opera. L’intervento si completa con alcune testimonianze di registi di oggi, chiamati ad esprimersi circa la portata e l’attualità del magistero zeffirelliano.

Maurizio Modugno
“In questa oscura notte: Maria Callas e Il Trovatore

Il Trovatore non è stata una delle opere più frequentate da Maria Callas: compresa l’incisione discografica, non partecipò che a sette produzioni, inserendone talora le arie in alcuni concerti dall’inizio alla fine della carriera. Il suo contributo alla “pratica teatrale” del secondo titolo della Trilogia Popolare non è paragonabile a quello – a far solo due esempi – dato in Italia negli anni Venti e Trenta da una Giannina Arangi Lombardi o negli anni Quaranta e primi Cinquanta da una Maria Pedrini, Alla giovane Callas non giungevano modelli e schemi tali da crearle riferimenti sicuri. A perte i due nomi ora citati, il ruolo di Leonora ai suoi esordi era scaduto in una prassi esecutiva trasandata, infedele e intrigata col Verismo. Di modo che, quando Maria fu scritturata per la sua prima Leonora al Palacio de las Bellas Artes di Città del Messico, per il l giugno del 1950, rifiutatosi Serafin di farle da preparatore, studiò da sola e con acribia indicibile lo spartito. Offrendone da subito una lettura di totale fedeltà al testo (eseguirà sempre e dovunque ogni nota scritta) e da questa traendo un personaggio di notturna, malinconica, per certi versi insuperabile bellezza. Le edizioni dal vivo (Messico, Napoli, Scala, Covent Garden, Verona, Opera di Roma, Chicago) e la registrazione alla Scala con Karajan, tutte confermano l’altezza e l’originalità d’una Leonora già da porsi nella Belcanto-Renaissance e come poche avvolta nell’oscura e meravigliosa notte  del più poetico Romanticismo italiano

Roberta Pedrotti
“Rivoluzione e monumento”

L’interpretazione verdiana di Maria Callas non si pone al di fuori della storia ma nella storia, con elementi di continuità e discontinuità rispetto alla tradizione.

Callas non compare dal nulla, ma si inserisce in un percorso in cui è possibile identificare precedenti e modelli che il soprano greco elabora con personalità originale cogliendo lo spirito del proprio tempo e diventando, così pienamente rivoluzionaria. Non una luce apparsa dal nulla, bensì una figura che rappresenta e indirizza uno snodo fondamentale in un’articolata storia dell’interpretazione. Il lascito ai posteri di questa rivoluzione diventa oggetto di venerazione e imitazione passiva o d’ispirazione attiva.

Parimenti – ed è interessante notare come i due si siano più volte incontrati in produzioni operistiche – Franco Zeffirelli risultò inizialmente un rivoluzionario per la sua impostazione teatrale. A differenza di Callas, cristallizzata nel mito anche in virtù della morte precoce, la trasformazione da innovatore a monumento avvenne per Zeffirelli in vita e riguardò la sua stessa opera.

Giovanni Vitali
“Divina celluloide: la voce di Maria Callas al cinema”

Divina celluloide, la voce di Maria Callas al cinema, ovvero i film e le sequenze in cui la voce del soprano greco ha ispirato ai registi delle particolari situazioni, delle singolari atmosfere, o delle semplici suggestioni. La maggior parte dei cineasti hanno scelto consapevolmente di abbinare determinati tagli d’immagine, determinate luci, determinati colori proprio al timbro screziato della Divina e al suo fantasmagorico “teatro della voce”. Casi di scuola come PhilhadelphiaBohemian Rhapsody e The Iron Lady, ma anche rarità come L’immortaleI ponti di Madison CountyLa luna o documentari come Atlantis. In tutti troviamo un momento in cui risuona l’inconfondibile timbro della Callas, “fenomeno vocale, voce divina, cento cantanti in una”, come ci ricorda il conte di Bassano nel film E la nave va.

23 settembre 2023 - Convegno Zeffirelli Callas al Museo Renata Tebaldi
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